Gli spiriti liberi
non vengono travolti dal gioco dei rumori
Si divertono agli incastri
usando gli stessi gettoni
le stesse macchine le stesse parole
Ma in essi permane l’eco della raganella
e il suo canto nella risaia
che ha colore di luna.
Vittoria Palazzo
La mia curiosità è infinita, sono incline a rovistare quell’universo di fantasia e poesia che affonda le radici nella memoria, mia e di tutti, e credo nella trasmissione della conoscenza, da generazione a generazione. Il mio fare si esplicita attraverso il confronto tra le molteplicità dei linguaggi, delle poetiche e delle tecniche espressive, dalla pittura alla scultura, dalle installazioni ai libri d’artista, fino alla grafica, impiegando i materiali e i supporti più diversi. Il pensiero e l’opera di Tadeusz Kantor hanno assunto per me un particolare significato: l’ho scoperto nel brano Le impronte incise, tratto da Stille Nacht. “Vi ho trovato – scrivevo negli anni 95-98 - la spiegazione più esaustiva al mio fare: siamo una società che perde la memoria, per cui reputo, stimo, valuto di delegare al fatto creativo dell’arte il recupero di immagine storica e tradizione, patrimonio prezioso da non disperdere. E di farlo utilizzando il linguaggio artistico ogni volta più consono, privilegiando soprattutto affetti e oggetti - anche indumenti o trame di tessuti - che sanno imprigionare l’esistenza passata di chi li ha posseduti e vissuti. Di farlo con determinata urgenza, per la volontà di rimettere al centro la vita. Dapprima la mia.” Ecco allora che la mia ricerca mi pare divenire una riorganizzazione archeologica e antropologica fatta con reperti reali da cui trarre a volte incisioni, stampe monoprint e monotipo, altre sculture in bronzo o resina e installazioni. Possiedono l’intento di salvaguardare vissuti, costumi passati, memorie e tutte le infinite storie che ancora questi oggetti possono suggerirmi.
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