Unico un filo sottile si stende sopra il baratro infinito sospeso;
dalla finestra sul mondo si scaglia e lentamente si sfila dal gomitolo nella stanza.
Le vertigini sussistono comunque
Passeggere o definitive;
miscuglio
di cieli e abissi avvolti alle membra
ansiose di un equilibrio non più precario.
Attende il corpo pallido
sull'altra riva il soffio vitale.
E tutto questo voler essere io
io qui, acrobata, tremando chiedo
se sia solo un'inconscia illusione,
affermazione perentoria nell'incorporeo
di una propria esistenza reale *,
che tanto nell'abisso o in un vuoto
finalmente ci si cade.
*(incompatibile presenza nell'assenza del mondo)
Giulio Zalvisi