Tracce e rimandi, a cura di Alberto Veca, testimonia il lavoro di ricerca che Sara Montani ha condotto nell'ultimo decennio nell'ambito della tecnica calcografica. La regola per ottenere la stampa seriale viene decostruita con trasgressione e originalità, conferendo al multiplo una vita autonoma: il foglio nel suo passare sotto torchio diventa così un unicum irripetibile.

Navigando il cuore

Montani, oltre a adottare lastre metalliche dell'attrezzatura consueta, "inventa" le sue matrici, rende "lastra", proponibile alla stampa, materiali eterogenei e immediatamente non imparentabili a tale uso, come frequentemente la stoffa, il tessuto, il perspex: e l'elenco è inevitabilmente aperto perché sembra accettabile la filosofia che "tutto" possa diventare "causa" per un effetto sulla superficie stampabile.

[…] Negli anni l'artista ha adottato il monotype (monotipo) e soprattutto il monoprint (monostampa) per ottenere "varianti" cromatiche che possono andare dalla differenza minima fra esito e esito alla quasi irriconoscibilità fra le prove. (Alberto Veca, curatore della mostra, in Tracce e Rimandi, Edito da Officina Dei Carrubi, Milano)

Questo interesse riflette la direzione più rispondente e congeniale al mio fare -commenta l'artista - è una finestra all'immaginazione e alla ricerca espressiva, dove mezzi e supporti si possono diversificare con interscambi continui.

Ho voluto privilegiare il monotipo e la monostampa perché incorporano la magia dell'imprevisto. Come nel gioco d'azzardo, in cui anche l'errore e il caso costituiscono gli ingredienti e le incognite fondamentali. Il torchio accetta la sfida e me la rimanda, contrariando o esaltando il mio intervento… mi costringe ogni volta a rimettermi in gioco. Il torchio dà voce alla mia fantasia, alla creatività e all'immaginazione in un intimo e ininterrotto colloquio… dal caso in poi.

 

Incisione: le tracce di Sara Montani

Omaggio a Depero

Omaggi a Depero, echi che richiamano con la memoria le magie di Pollock, opere prima liquide e leggere, poi pesanti, a tratti materiche. Sono le incisioni di Sara Montani, esposte in una mostra dal titolo "Tracce e Rimandi" al Centro dell'Incisione Alzaia del Naviglio Grande a Milano. I suoi strumenti sono: i rulli, gli inchiostri, il torchio e i fogli per la stampa. Eppure tutto può diventare matrice, tutto produce effetto sulla superficie stampabile. Anche le stoffe, i tessuti e il Perspex in Montani si trasformano in opere come"Parevano colori di terracotta", una collografia del 2005 in cui, osservandola attentamente si intravede, tra le pieghe dell'incisione , la sagoma di una camicetta stropicciata.

Interessanti anche le xilografie collage come "Ciminiere" o "Il Camino" del 2003: blocchi grigi a strati da cui escono nuvole di fumo trasparenti. Il colore sembra steso a strati, i toni di grigio si sovrappongono in giochi che sembrano scaturire da un pennello. E invece siamo di fronte a incisioni. Montani ama soprattutto due tecniche: il monotipo e la monostampa. Nel primo la matrice si perde quando la stampa è conclusa. Di qui l'unicità dell'opera. Nell'altra invece la matrice rimane ma ogni opera acquista unicità grazie a piccole variazioni di colore o di forme. Così si assiste a una continua rilettura dell'immagine, a un'analisi minuziosa del soggetto rappresentato. Incantano anche opere come "Senza fine" e "Verso una meta", entrambe del 2006. Esplosioni di colori che si espandono in forme impercettibili e prive di spazialità. Una tensione appunto verso la profondità del proprio essere. E' un viaggio interiore questa mostra che propone soluzioni quasi stravaganti e continue variazioni sul tema. E' l'incisione che esce dai suoi binari e si trasforma in sperimentazione. "Una finestra per l'immaginazione e alla ricerca espressiva – così Sara Montani commenta la sua opera - dove mezzi e supporti si possono diversificare con interscambi continui. Come nel gioco d'azzardo, in cui anche l'errore e il caso costituiscono gli ingredienti e le incognite fondamentali. Il torchio accetta la sfida e me la rimanda, contrariando o esaltando il mio intervento… mi costringe ogni volta a rimettermi in gioco. Il torchio dà voce alla mia fantasia, alla creatività e all'immaginazione in un intimo e ininterrotto colloquio… dal caso in poi".

di Annalisa Serpilli, pubblicato sul sito de Il Sole 24 Ore