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Pensammo ad un lavoro a quattro mani: Luciano Lamonato e Sara Montani. Questa la scelta, determinata. Poi l'inizio dei lavori con la volontà di usare il torchio calcografico e tutte le possibili matrici che avessimo trovato. Poiché siamo molto diversi (figurativo lui, informale/concettuale io) si è deciso di realizzare una striscia-vita: lunga 100 metri, alta 20 centimetri con incisioni (acqueforte, acquetinta, monotipo, ceremolle,collografia, impronta), un binario, che si snoda a Villa Soranzo, nelle sale della Pinacoteca Comunale di Varallo Pombia. Le due rotaie non si incontrano se non all'infinito. Le traversine (l'arte) però le tengono unite.

Sulle strisce-rotaie la vita: le stampe di tutti e due, intervallate da  interessanti pause, impronte-freccia, lasciate da una lamiera, scarto del lavoro dell'uomo. Ci sono indumenti, incisi su lastre di rame e zinco, stampati alcuni solo nei particolari: dalle babbucce alle bavaglie, dalle scarpe di bimba ai tacchi a spillo, dal reggiseno alla cravatta ai volti di uomo e di donna e facciate di casa.

Sulle traversine compaiono figure femminili (Lamonato, matrici in ferro) e facciate di case con impronte di indumenti (Montani matrici in masonite).

C'è anche uno stendibiancheria di quelli quadrati a ombrello e, appese al filo, le grafiche (arte è vita quotidiana). Nella prima sala, per terra, vi sono stampe  che costruiscono il vecchio gioco del 'mondo', anche detto della 'settimana', quello con i numeri, da uno a sette, che si giocava da bambini lanciando un sasso (matrici in cartone).

Alle pareti schermi di televisori presentano cartoni animati americani, i Simpson (matrici in cartone), mentre accanto altre stampe (acqueforti) raccontano di-segni spontanei di bambini in età prescolare.

Infine il titolo della mostra:

"Tanto per mettere la vita in riga.

(SMS a Bukowski )".

Poi improvvisa la 'scoperta'....

27 Luglio 2002 Firenze, Sabato pomeriggio.

Ho solo due ore poi... ritorno a Milano.

La Galleria d'Arte Moderna è chiusa.

Spazientita mi reco al bookshop (aperto!):  vedrò di acquistare almeno il catalogo.

Di Kantor volevo vedere la mostra.

Ostinatamente volevo.

E di certo il volume mi darà solo piccoli rimandi.

Di fatto, non mi basta.

La commessa, sollecita, mi mostra altri testi che ne riportano l'opera.

Delusione a delusione.

Ancora mi porge un piccolo libretto: è "Stille nacht. I corsi di Avignone." Un ciclo di lezioni tenuto da Tadeusz Kantor nel 1990 e conclusosi con lo spettacolo dallo stesso titolo.

Sfoglio le pagine per non deluderla.

Improvvisa una luce... un'emozione... l'entusiasmo totale.

Nel testo trovo la spiegazione più esaustiva che io stessa potessi fare del mio lavoro.

E' perfetta. E' la mia storia.

Qui la riporto con le mie scelte.

[...] Le impronte incise.

Ho scoperto, non è molto,

la loro esistenza.

Quando all'improvviso mi sono accorto

che certi avvenimenti

certe persone, certi fenomeni

r i t o r n a n o

come  a t t i r a t i

da una forza sconosciuta

che è in me.

Ritornano ostinatamente,

sebbene li abbia messi spesso

"alla porta",

mi vergognavo della loro "q u a l i t à  insufficiente".

Perché quegli avvenimenti, quei fenomeni, quelle persone

non erano

q u a l s i a s i,

rappresentavano

alti

valori

universalmente riconosciuti,

pieni di pathos

e di prestigio storico, religioso, morale.

E tuttavia

la mia memoria

mi dava di loro un'immagine

sempre più

povera,

frivola,

vergognosa,

intima.

Non mi lasciavano in pace.

Facevano irruzione nella scena

e sulla tela.

Dovevo fare qualcosa.

Trovare per loro la mia propria "maniera",

perché diventassero

g r a n d i.

Prima ho trovato

la spiegazione intellettuale della loro

p r e s e n z a,

della loro ostinazione ad apparire,

a ritornare.

[...]

Ma di colpo sono apparse

altre

"potenze"

senza parola d'ordine

e gridi di guerra.

Portavano con sé

il s i l e n z i o  e il gusto di

e t e r n i t à ,

m o r t e ,

l'abisso della memoria,

i richiami disperati del passato,

la corsa spensierata dell'infanzia.

Il processo creativo ha cambiato corso.

Quegli atti e quelle decisioni

consce e indipendenti

adesso non erano più che

m e z z i  d'azione.

Non li respingevo.

[...]

ritornavano ostinatamente.

Come se aspettassero il mio consenso.

Lo diedi.

Capii la loro natura.

Sapevo già da dove venivano.

T r a c c e

incise profondamente

in un passato lontano.

La cosa più importante è riconoscerle.

[...]

Tadeusz Kantor

Così, semplicemente: in riga.

Le impronte incise.

Dovevo fare qualcosa.

Trovare per loro la mia propria "maniera",

perché diventassero grandi.

Sara Montani